Il tira e molla sul "Lodo Ciriani", anche dopo la sua approvazione la scorsa settimana (in barba a qualsiasi richiesta di deroga), non sembra fermarsi: non si è ancora capito se dal 2009 gran parte delle strutture commerciali – specie i grandi centri come le Torri e quello, gigantesco, in dirittura di arrivo a Noghere – saranno costretti a chiudere le serrande per la maggior parte delle domeniche del 2009; mentre la giunta regionale Tondo fa quadrato (non potevo farmela scappare..) sull'idea del proprio vicepresidente si leva un coro di no alla suddivisione di Trieste in 2 zone, la prima turistica, che potrà tenere le saracinesche aperte sempre in quanto, appunto, turistica, e l'altra che, seppur attigua, avrà la possibilità di farlo al massimo per 29 domeniche l'anno (se non persino 25).
Politicamente parlando su una sponda ci sono molti lavoratori – alcuni già lo scorso anno avevano manifestato contro le aperture (pertanto gli orari..) "selvagge" –, ma non tutti, alcuni sindacalisti e la Lega Nord, che da un lato storicamente difende le P(iccolissime)MI e che, dall'altro, dopo le Politiche di questa primavera, ha dovuto assumere pure il ruolo che un tempo sarebbe stato di un partito di sinistra. Sulla sponda avversa ci stanno praticamente tutti gli altri: c'è chi semplicisticamente dichiara che «La spesa, a casa mia, si fa di domenica..» e chi paventa danni occupazionali (già prevedibili, ma la cui causa più importante sarà stata il calo dei consumi e, nel caso di Trieste, la crescente attrattiva della spesa – oltre al pieno – in Slovenia) consistenti...
Sinceramente non capisco tutta questa bagarre, nel senso che gli unici ad essere davvero nel giusto sono i lavoratori, e fra loro c'è si chi è un po' stufo di fare turnazioni settimanali al limite della realtà (e ben oltre il limite sia dei CCNL che dello Statuto dei Lavoratori: per esempio 10 giorni tra un riposo, settimanale in teoria, e l'altro), ma pure chi «Fa la fila per lavorare la domenica» (Canciani della Coop). Tutti gli altri, magari con l'(ingenuamente stupida) idea di favorire i piccoli esercenti semplicemente privando la gente della possibilità di cercarsi, magari di domenica, prezzi anche solo leggermente più bassi, oppure con quella di fare una bella presentazione di Trieste ai turisti, in un modo o nell'altro secondo me sono, più che in torto, banalmente fuoriluogo.
Sono fuoriluogo, o fuori di testa (per la loro ingenuità), i piccoli esercenti ed i loro rappresentanti, che forse si son fatti i loro calcoli (errati) prefigurandosi che parte del fatturato non incamerabile nelle domeniche dai grandi centri – ed alle Torri la Coop funge da traino per gli altri esercizi adiacenti – finisca nel loro. Considerando che nel periodo invernale alla domenica i negozi dei centri commerciali fanno circa ¼ del loro fatturato settimanale il discorso sarebbe pure interessante, peccato che con 29 domeniche i centri stessi – che, salvo il (primo) periodo dei saldi, in estate molti soldi non li fanno – probabilmente tenteranno di far concentrare le aperture domenicali nel periodo invernale. E se proprio in estate qualcuno vorrà comprare di domenica una piscinetta gonfiabile od una cassa di birra, ci sarà sempre un OBI od uno Tuš aperto oltreconfine (almeno la mattina). Per quanto riguarda proprio i piccoli esercenti la necessità – perché tale è per molte famiglie, tra orari strani e secondi o terzi lavori per far quadrare il bilancio – di rivolgersi a negozi di Koper o Sežana per fare le spese potrebbe essere sufficientemente pedagogica da costituire un disastro: una volta superata la (ancora diffusa) diffidenza verso le spese oltreconfine difficilmente si può tornare indietro (a comprare le stesse cose in Italia ma a prezzo maggiore..).
Già, perché questo è il vero argomento: i prezzi troppo alti, frutto – ormai è noto – più di una ridondante catena di distribuzione che di effettivi costi di produzione e trasporto dei beni, ma soprattutto l'evidente nulla sensibilità (o perspicacia?) di gran parte dei commercianti, che credono sia ancora possibile scavare ben oltre il fondo nel barile dei redditi italiani (pur pagando sempre peggio pure i loro lavoranti). Non per niente, sempre intorno al "Lodo Ciriani", si è scatenata la querelle sulla liberalizzazione dei saldi, con più d'uno che si è lamentato che questo possa innescare una "corsa al ribasso", come se ciò fosse, per la collettività, qualcosa di brutto. Pensandoci bene una eventuale flessione dei prezzi non solo non sarebbe negativa, ma forse sarebbe l'unica soluzione alla crisi dei consumi, ed un'opportunità di sopravvivenza per molti commercianti. Non credo si tratti di una considerazione fantascientificamente intelligente..
Ciò che tutta questa storia c'insegna una volta di più, però, è che in questa regione, ancorché in tutto il Paese, i giochi economici sono profondamente soggetti alla Politica, tanto che una promessa elettorale (in questo caso della coalizione di Tondo) può facilmente diventare realtà, benché sia del tutto contraria alla libertà di Mercato che tutti ci attenderemmo e che, fra l'altro, dovrebbe costituire asset fondamentale di certe parti politiche.
Sinceramente non capisco tutta questa bagarre, nel senso che gli unici ad essere davvero nel giusto sono i lavoratori, e fra loro c'è si chi è un po' stufo di fare turnazioni settimanali al limite della realtà (e ben oltre il limite sia dei CCNL che dello Statuto dei Lavoratori: per esempio 10 giorni tra un riposo, settimanale in teoria, e l'altro), ma pure chi «Fa la fila per lavorare la domenica» (Canciani della Coop). Tutti gli altri, magari con l'(ingenuamente stupida) idea di favorire i piccoli esercenti semplicemente privando la gente della possibilità di cercarsi, magari di domenica, prezzi anche solo leggermente più bassi, oppure con quella di fare una bella presentazione di Trieste ai turisti, in un modo o nell'altro secondo me sono, più che in torto, banalmente fuoriluogo.
Sono fuoriluogo, o fuori di testa (per la loro ingenuità), i piccoli esercenti ed i loro rappresentanti, che forse si son fatti i loro calcoli (errati) prefigurandosi che parte del fatturato non incamerabile nelle domeniche dai grandi centri – ed alle Torri la Coop funge da traino per gli altri esercizi adiacenti – finisca nel loro. Considerando che nel periodo invernale alla domenica i negozi dei centri commerciali fanno circa ¼ del loro fatturato settimanale il discorso sarebbe pure interessante, peccato che con 29 domeniche i centri stessi – che, salvo il (primo) periodo dei saldi, in estate molti soldi non li fanno – probabilmente tenteranno di far concentrare le aperture domenicali nel periodo invernale. E se proprio in estate qualcuno vorrà comprare di domenica una piscinetta gonfiabile od una cassa di birra, ci sarà sempre un OBI od uno Tuš aperto oltreconfine (almeno la mattina). Per quanto riguarda proprio i piccoli esercenti la necessità – perché tale è per molte famiglie, tra orari strani e secondi o terzi lavori per far quadrare il bilancio – di rivolgersi a negozi di Koper o Sežana per fare le spese potrebbe essere sufficientemente pedagogica da costituire un disastro: una volta superata la (ancora diffusa) diffidenza verso le spese oltreconfine difficilmente si può tornare indietro (a comprare le stesse cose in Italia ma a prezzo maggiore..).
Già, perché questo è il vero argomento: i prezzi troppo alti, frutto – ormai è noto – più di una ridondante catena di distribuzione che di effettivi costi di produzione e trasporto dei beni, ma soprattutto l'evidente nulla sensibilità (o perspicacia?) di gran parte dei commercianti, che credono sia ancora possibile scavare ben oltre il fondo nel barile dei redditi italiani (pur pagando sempre peggio pure i loro lavoranti). Non per niente, sempre intorno al "Lodo Ciriani", si è scatenata la querelle sulla liberalizzazione dei saldi, con più d'uno che si è lamentato che questo possa innescare una "corsa al ribasso", come se ciò fosse, per la collettività, qualcosa di brutto. Pensandoci bene una eventuale flessione dei prezzi non solo non sarebbe negativa, ma forse sarebbe l'unica soluzione alla crisi dei consumi, ed un'opportunità di sopravvivenza per molti commercianti. Non credo si tratti di una considerazione fantascientificamente intelligente..
Ciò che tutta questa storia c'insegna una volta di più, però, è che in questa regione, ancorché in tutto il Paese, i giochi economici sono profondamente soggetti alla Politica, tanto che una promessa elettorale (in questo caso della coalizione di Tondo) può facilmente diventare realtà, benché sia del tutto contraria alla libertà di Mercato che tutti ci attenderemmo e che, fra l'altro, dovrebbe costituire asset fondamentale di certe parti politiche.