Benché da più parti mi venga richiesto di dedicarmi anche ai giovani – quella che viene chiamata "Prima Formazione" – io sono fondamentalmente un andragogista: mi occupo della formazione – quindi non tanto dell'educazione – degli adulti. I giovani, che per me, pur avendo poco più di trent'anni, sono quelli che ne hanno meno di venti, non fanno proprio per me: teleologicamente parlando, sono troppo distanti dal modo in cui ero io in quelle età perché mi sia possibile motivarli in maniera efficace. E poi c'è il problema della volgarità gratuita, dell'intercalare scurrile, che a me – benché non sia certamente una persona con la bocca pulita – da non poco tedio. Perciò, quando e soprattutto se posso, cerco di edurre le giovani menti non tanto ad un uso meno assiduo delle parolacce quanto ad una loro "aristocratizzazione", capace di mantenere il loro significato ma con un'espressione molto meno prosaica.
Coleomorfo ("mona")
"κολεός", in greco antico, significava "guaina", "fodero" (in latino la medesima cosa era indicata con la parola, ai nostri coevi ben più familiare, di "vagina"), e benché paradossalmente vi derivi l'epiteto di "coglione", è relativo all'organo sessuale femminile. "μορφή", invece, significa "forma", pertanto "dalla forma di vagina". Bisogna però capire bene se la "mona", come la "fica", corrisponda al dotto vaginale oppure alla vulva. In quest'ultimo caso si potrebbe usare la parola latina "cunnus" (a sua volta derivante dal non tanto benevolo "κυνή", "cagna"..), ipotizzando il termine "cunniforme". Ritornando al greco sarebbe plausibile applicare il suffisso -onte (più o meno dal participio presente del verbo "ἐστὶ", "essere") ottenendo "coleonte" ("che è vagina"..).
Coprofago ("magnamerda") In realtà la Coprofagia umana è un vero comportamento che si inscrive in un quadro clinico psichiatrico di tipo schizofrenico in cui i soggetti si nutrono ("φαγειν" significa "mangiare" in greco antico) di escrementi ("κοπρος"). Al di là dell'accezione medica, però, il termine può essere impiegato come epiteto per descrivere una persona in grado di sortire disgusto e disapprovazione in chi la incontra. Si noti pure come, senza andare a scomodare le teorie dello sviluppo freudiane, l'idea stessa di nutrirsi delle proprie feci non soltanto è molto riprovevole ma riporta anche a fantasie infantili e di base (regressione). Uno degli scopi dell'uso di tale epiteto è dunque anche quello di instillare nel destinatario un senso di inadeguatezza alla situazione contingente.
Coprolalo ("..che disi stronzade..") Anche per la Coprolalia è possibile tirare in ballo i disturbi psichiatrici. In effetti ci sarebbe un termine anche più tecnico per descrivere le persone che non si trattengono dallo sparlare ("λαλια") su cose false ("ψευδα"); peraltro la vera Coprolalia riguarda proprio il dire cose scurrili (Sindrome di Tourette). Non di meno l'impiego, ancorché fuori dell'ambito clinico, del termine coprolalo appare certamente più adatto ai tempi e suggestivo nel descrivere una nota tipologia di individui.
Usando sempre lo stesso tema copro- è possibile costruire altre parole come Coproprosopo ("faccia de merda"), o meglio la forma contratta Coprosopo, dal greco antico "πρόσωπον" ("volto"), Copromorfo ("simile alla merda" e quindi "stronzo"), "Copronte" ("che è merda") e tante altre..
Orchiclasta ("rompicojoni") In greco antico "ορχεις" significa "testicolo" mentre la forma "κλαω" significa "io rompo". Se gli iconoclasti sono coloro che, rifuggendo la potenziale deriva idolatrica delle immagini sacre, tentarono di bandirle (distruggendole) dalla esperienza religiosa, fra gli orchiclasti vengono annoverati tutti coloro che in un modo o nell'altro sono maestri nell'arte di "rompere i coglioni". Orchiclastia, invece, è il sostantivo che descrive lo stato in cui si trova chi subisce l'azione degli orchiclasti (i.e. «l'orchiclastia regnava in quella conferenza..») mentre con l'aggettivo orchiclastico si può identificare qualunque attore di orchiclastia (i.e. «la conferenza è stata davvero orchiclastica..!).
Prevdibilmente, a questo punto, "Orchimorfo" significherà "simile al testicolo" e pertanto "cojon", come "Orchionte" ("che è testicolo").
Peicefalo ("testa de cazzo")
Esistono diverse costruzioni di questo termine perché la traduzione di "pene", in greco antico, originariamente era "πέος" ma in seguito è stata integrata da "οὐρά" (Sofocle), "κέρκος" (Aristofane) e "σάθη", benché il primo significato di tutte queste parole sia sempre "coda". La "κεφαλή", invece, senza grosse necessità di traduzione (e.g. cefalea), è la "testa". Pertanto si può accreditare come sinonimi di peicefalo (e la variante latineggiante "penicefalo") sia uricefalo (che ricorda anche l'urina) che chercocefalo, mentre il suffiso -ia (chercocefalia, uricefalia e pe[n]icefalia) può essere usato per indicare la condizione umana di chi è una "testa di cazzo" (i.e. «la sua penicefalia è davvero disarmante»). Si può altresì utilizzare l'aggettivo "penicefalico" per indicare il tipo di azioni ascrivibili ai penicefali (i.e. «le sue affermazioni sono del tutto penicefaliche»). La variante (sempre latineggiante) molto up to date può essere considerata "fallocefalo".
L'epiteto "peniclasta" (e tutte le altre possibili costruzioni) diventa, quindi, di facile traduzione: "rompicazzo".
Pornopede ("fio de putana")
Benché il prefisso porno- sia solitamente usato in locuzioni che indicano cose sessualmente volgari (i.e. "pornografia") il termine originario "πόρνη" riguarda esclusivamente la professione del meretricio femminile che, ricordiamo, oltre ad essere "il mestiere più antico del mondo", non solo è divenuto sconveniente moralmente solo negli ultimi anni (dalla chiusura dei bordelli) ma la sua liceità varia da paese a paese, mentre ne è globalmente deplorato lo sfruttamento. La parola "παιδιά" significa, invece, "prole". In realtà sarebbe sufficiente usare la sorta di matronimico "pornide" – in greco antico si usava il patronimico (i.e. il "Pelide Achille" era il "figlio di Peleo") mentre l'alternativa matronimica è di per se irrispettosa – per sortire lo stesso risultato. Essere un "figlio di puttana", infatti, significa non tanto essere figlio di una prostituta quanto figlio di padre ignoto, che pertanto non ha badato economicamente e moralmente alla prole (con tutte le conseguenze, applicabili in epoche non recenti, del caso).
Mercoledì 9 Luglio 2014 – Davide Cappelli, sul suo TriestinBlog, ha pubblicato una interessantissima guida al parlar forbito, in modo da poter esprimere le parolacce triestine in maniera più aulica. Eccone alcune, le altre si trovano a questo link. Presto anche una seconda edizione, con altre ulteriori chicche – Bora.La